Una storia di sempre: Pinocchio

Il personaggio di Pinocchio in questi ultimi mesi è tornato alla ribalta. E non solo per il film di Matteo Garrone, uscito in dicembre, rispettoso del testo e capace di svolgere con scene di forte intimismo un bel racconto d’amore tra padre e figlio. Qui Geppetto è Roberto Benigni, a sua volta regista ed interprete di Pinocchio, con vena tutta toscana, nel film realizzato nel 2002.
A fine ottobre scorso a Villa Bardini di Firenze è stata anche inaugurata la rassegna: Enigma Pinocchio. Da Giacometti a LaChapelle. Una grande storia italiana, con prestiti di opere da Fondazioni, quali Guggenheim, Nazionale Carlo Collodi, Giacometti di Parigi e da numerose collezioni private. La mostra curata da Lucia Fiaschi ha riportato l’attenzione sul burattino di Collodi e sul modo in cui famosi artisti l’hanno rivisitato.

foto di scena: Pinocchio e Colombina, museodeltessuto.it

Era il luglio del 1881 quando nel periodico Giornale per i bambini, stampato a Roma, usciva la prima puntata di Le avventure di Pinocchio, con il titolo Storia di un burattino. L’autore Carlo Lorenzini, con lo pseudonimo di Collodi in omaggio al paese del nonno materno dove aveva trascorso parte dell’infanzia, aveva da poco tradotto dal francese un corpus di note favole. Nato nel 1826 a Firenze, primo di una nidiata di fratelli e sorelle, aveva avuto un’ottima istruzione, grazie alla famiglia Ginori e ad un periodo nel seminario di Colle Val d’Elsa. Competente in musica, teatro e letteratura, generi di cui scriveva, era entrato nella stesura di un dizionario di lingua italiana parlata, nel 1868.
Nelle intenzioni di Collodi la storia a puntate di Pinocchio si sarebbe conclusa con l’impiccagione del burattino ad opera degli “assassini”, ma, per accontentare i suoi lettori egli dovette procedere nel racconto fino alla trasformazione del protagonista in un bambino diligente e premuroso verso il proprio padre. Il romanzo completo veniva stampato nel 1883 e, da allora, è stato tradotto in tutto il mondo e messo in scena negli States da Walt Disney nel 1940.

Oliviero Toscani, Pinocchi, 1991, ©Oliviero Toscani

Accade solitamente ai capolavori, in tutte le arti, di prestarsi ad innumerevoli interpretazioni e il libro di Pinocchio non fa difetto in questo. A Villa Bardini di Firenze l’enigma Pinocchio viene sciolto con sette differenti sezioni che sottolineano il processo metamorfico del personaggio che (non) è Re, burattino, uomo, morto, Pinocchio, maschera, bambino.
Così nella rassegna, ad esempio, Jim Dine lo realizza in chiave pop art con i vestiti alla Walt Disney; lo scultore McCarthy puntualizza il cambiamento del burattino privandolo del lungo naso; mentre per Alexander Calder Pinocchio assume l’aspetto di una scultura cinetica, mobile, che prende vita con un soffio d’aria.

Paul McCarthy, Drop Head, Bounce Head, 2009, Hauser & Wirth, Zurigo

 

La mostra a Villa Bardini sostiene l’apertura in Firenze di un nuovo centro di aiuto per le famiglie in difficoltà e con bimbi da 0 a 6 anni e si ricollega idealmente al film di Garrone. Nella vicina Prato, presso il Museo del tessuto, si possono ammirare i costumi eseguiti da Massimo Cantini Parrini per i personaggi del film.
Quindi un Pinocchio a tutto tondo, ancora in grado di catturare grandi e piccini in un connubio di realtà e magia.

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