Mondo perduto: recensione

Conosco l’artista Jana Zanoskar da molto tempo e nel corso degli anni ho apprezzato la sua capacità di sperimentare e nel contempo di rinnovarsi nelle tecniche e nei linguaggi affrontati, conseguendo sempre esiti di grande qualità e seduzione. Anche l’opera “Mondo perduto”, acrilico, 2016, non fa eccezione e si pone nella scia della sua vasta produzione artistica con un messaggio di sofferenza e forse di velata speranza. Leggi tutto “Mondo perduto: recensione”

Un evento cool a Londra

foto di Giulia Cirina, novembre 2017, London

Metti una rivista distribuita gratis ogni mercoledi e giunta a quasi 400 uscite, metti il suo titolo strepitoso e onnicomprensivo “Free Fashion Travel People Ideas Beauty Stylist”; metti un evento cool, Stylist live giunto alla sua terza edizione ed infine una location dal sapore liberty e dal nome altisonante: Olympia London. E’ così che Londra risponde alla sfida della modernità in tutti i campi del benessere nella vita attuale. Moda, natural food, cura alla persona, dallo smalto alle fonature dei capelli (inclusi nel prezzo di ingresso di 25 £, ridotto a 15 £ se acquistato tempo prima, insieme a un calice di “pink gin and tonic” ), anche ultimi modelli di auto in mostra….
La rassegna, svoltasi tra il 10 e il 12 novembre, e dedicata al pubblico femminile, ha visto una partecipazione massiccia ed entusiasta. Le cifre: 21 mila visitatori, 4 sfilate di moda al giorno, 80 talk show nei tre giorni con la partecipazione di alcuni tra i più importanti influencer e speaker del Regno Unito, un’infinità di stand gestiti da società già note sul mercato e per lo più sponsor dell’evento come da start up con nuovi brand. Girando nella location e nella bella balconata che la circonda si trova di tutto: gioielli ed oggetti più disparati, ogni tipo di indumento e di accessorio, scarpe ritagliate a misura del proprio piede, consigli di esperti su trucco, capelli e modo di vestirsi e, per rifocillarsi, cibi e bevande da tutto il mondo. Il sottotitolo dato alla rassegna, A Festival of Inspiration è la garanzia del nuovo più nuovo. Leggi tutto “Un evento cool a Londra”

L’arte ribelle in Corso Magenta

Alla Galleria Gruppo Credito Valtellinese di Corso Magenta è stata inaugurata la mostra “Arte Ribelle, 1968-1978 Artisti e gruppi dal Sessantotto”. Con questo evento il curatore Marco Meneguzzo ha recuperato quegli artisti che hanno fatto proprie le istanze politiche e sociali del Sessantotto, dando all’arte un linguaggio nuovo rivolto al popolo e finalizzato ad una presa di coscienza dei conflitti sociali. Leggi tutto “L’arte ribelle in Corso Magenta”

Chagall a Milano

La mostra “Chagall – Sogno di una notte d’estate” è stata inaugurata presso il Museo della Permanente di via Turati ed è in programma fino al 28 gennaio prossimo.

L’evento ruota, in senso reale e non solo figurato, sulla multimedialità, immergendo lo spettatore in un turbinio di immagini proiettate a tutto tondo, di luci e di dolci spartiti musicali che interpretano e vivificano ancor più la pittura di Marc Chagall.
Una pittura visionaria e ricca di umanità che si stempera in morbide sfumature di colori e di figure in movimento e che in diversi momenti appare quasi spirituale.
La mostra riprende con dodici macro sequenze la vita e il percorso creativo dell’artista russo partendo dalla natale Vitebsk, abitata per lo più da ebrei, per giungere con i temi della famiglia e dell’amore alle sue esperienze descrittive di paesaggi, di fiabe, della vita del circo e di alcuni passi della Bibbia.
Un team collaudato di esperti in mostre multisensoriali ha lavorato su opere provenienti dal Musée National Marc Chagall di Nizza, come “La danza”, 1950 e “La lotta di Giacobbe e l’angelo”, 1960-’66, dal Musée d’Art et d’Histoire du Judaïsme di Parigi e dal Museo Statale di San Pietroburgo.
Le grandi sale della Triennale con le installazioni di specchi, una loggetta per osservare più in alto le proiezioni e la possibilità di sedersi rendono molto fruibile l’evento.
Numerosi laboratori didattici per i bimbi delle scuole materne ed elementari sono previsti dai partnership della mostra (per info: 02 8929711).

 

Concerto “Cantiamo con gioia”

Il Coro Jubilate Città Studi è lieto di esibirsi nella bella Chiesa di Sant’Antonio Abate, ricca di arte e di tradizioni storiche e saluta il gentile pubblico.

Nella nostra contemporaneità, così afflitta da problemi anche di portata mondiale, si rischia di perdere ogni traccia di speranza ed ognuno di noi si sente sempre più fragile ed esposto ad ogni sorta di evento.

Tuttavia nel nostro Coro permane la certezza che la Musica, che tutti accomuna, e le parole dei canti che andiamo a presentare abbiano in nuce una grande positività.

Per questo: “Cantiamo con gioia” tutto quello che ci parla di liberazione e di pace per ogni individuo e per il mondo intero.

Il Concerto si apre in un gioioso “Jubilate Deo”, che rappresenta il vessillo del Coro Jubilate Città Studi. Storie di schiavitù morale e fisica, aneliti alla libertà e esultanza per la liberazione sono raccontate nei tre seguenti canti: “Amazing grace”, “Go down Moses”, e “Oh, freedom”. Il primo, scritto verso la metà del Settecento dal poeta anglicano John Newton rispecchia la sua vita travagliata e poi redenta quando l’autore finalmente “vede” ed esulta per la splendida grazia ricevuta; il secondo e il terzo brano sono spirituals che con una forza dirompente di musica e parole ci impongono il rispetto della libertà, sempre e ovunque. Anche Maria esplode in un canto di giubilo di fronte a quanto di straordinario le sta capitando dopo l’Annuncio della sua maternità: “Et Exultavit spiritus meus” dal Magnificat di J. S. Bach, cantato dal Soprano Evgenya Kimiagar. Questa citazione evangelica ci porta alla figura centrale della cristianità, Gesù, e, quasi parafrasando la richiesta degli Apostoli nell’incontro di Emmaus “ Resta con noi, Signore”, sono stati scelti i seguenti due brani nell’intento di addolcire, se non eludere, l’umana solitudine esistenziale: “Jesus bleibet meine Freude” di J. S. Bach e “Jesu Rex admirabilis” di Giovanni Pierluigi da Palestrina.

Il luogo sacro dove ci troviamo racchiude una bella cappella di fine Seicento dedicata alla Madonna. A lei, invocata come Madre di tutta la terra e Regina di Pace va l’omaggio sia del Coro con “Ave Maria” del compositore ed organista francese dell’Ottocento Camille Saint-Saëns sia del soprano Evgenya Kimiagar che interpreta “Ave Maria” di Charles Gounod sulle note di un preludio di J. S. Bach.

Alla nostra Terra, alle sue meraviglie, ma anche alla necessità di salvarla e rispettarla, sono dedicati: “Dolce è sentire”, delicata rielaborazione del Cantico delle Creature, e “Questa Terra”, dal famoso brano “Look at the world” del compositore ed organista John Rutter con libera interpretazione nella rielaborazione del testo in italiano.

Infine, dopo aver toccato differenti autori, epoche e tradizioni, con “Shalom chaverim”, nella duplice versione in lingua ebraica ed inglese, ci salutiamo con un invito alla pace e un arrivederci.

Milano, 21 ottobre 2017

La mostra di Vicenza sulla Grande Guerra

Il 26 febbraio scorso chiudeva a Vicenza la mostra “ Ferro, Fuoco, Sangue! Vivere la Grande Guerra”, a cura di Mauro Passarin e con le fotografie in grande formato di Giuliano Francesconi, ma l’eco di questa rassegna, bella e straniante insieme, rimane indelebile grazie al catalogo di Silvana Editoriale che l’accompagna.

Il luogo scelto per la rassegna è stato Palazzo Chiericati, sede della Pinacoteca Civica e Patrimonio mondiale dell’Umanità, uno dei tanti edifici progettati e costruiti dal Palladio in città e dintorni e che, insieme al Teatro Olimpico, consente a Vicenza di attribuirsi il titolo di “Perla del Rinascimento”.

Di Palazzo Chiericati, per l’ambientazione della mostra sono stati utilizzati gli spazi sotterranei, dove già nei secoli XIV e XV erano predisposte le cucine della famiglia patrizia, con annesso pozzo, per cui, tra mattoni a vista, polvere e nicchie sparse, sembrava di trovarsi davvero all’interno di quelle trincee che le prime immagini fotografiche ci hanno tramandato della Grande Guerra.

Dal cuore di Vicenza, circondata da monti diventati celebri quali: Ortigara, Pasubio, Grappa, Cimone, Cengio, e proprio da questi interrati, la mente spazia ai lunghi perimetri di trincee scavate in tutta Europa (stimate in migliaia e migliaia chilometri) e alle cifre spaventose dei morti, nove milioni su 70 milioni di uomini coinvolti, con una media di più di 5700 morti al giorno per i quarantuno mesi del conflitto.

La mostra si dipana proprio dalla fisicità dell’uomo, dell’uomo-soldato postato al fronte, dai suoi bisogni e dalle sue paure, diventando istruttiva e commovente perchè è l’Uomo che fa la storia, e quanto è accaduto resta un monito per le generazioni di oggi e del futuro.

Diverse le sezioni: Fuoco, Rumore, Paura, Fame, Sete, Freddo, Brutalità, Fango, Riparo, Attesa, definite con parole che esprimono tutto quanto può impadronirsi del corpo e dell’animo di un uomo, azzerandolo. Impressionante infatti l’evidente divario tra la semplicità dei soldati e l’uso di tecnologie di guerra avanzate, mitragliatrici, carri armati, gas, artiglierie di grosso calibro.

Le sezioni, scandite dalle fotografie di Francesconi che riprendono gli oggetti in mostra, avvolgenti e perfino crude nella dilatazione delle immagini, si arricchiscono poi di scritti tratti da fonti documentarie e di grande impatto emotivo.

Il commento di quanto accadde, ad opera di Mauro Passarin, accompagna il visitatore, e, con una ricchezza di notizie e dati storici, diventa una rivisitazione struggente della guerra. Qui di seguito alcuni passi.

Dalle sezioni Fuoco e Rumore: “La scenografia delle battaglie nella Grande Guerra si distingueva per l’intensità delle distruzioni, il fragore delle esplosioni, le vampe delle fiamme, l’oppressione delle nuvole di gas. Il cielo e la terra venivano trasformati in una gigantesca bolgia infuocata”. “Il terribile vento degli obici, come fu romanticamente chiamato in Italia, era l’incubo di chiunque fosse schierato in prima linea”.

Da Fame e da Sete: “E la fame è probabilmente la causa principale della fine della guerra; più che della fine si potrebbe forse parlare della sua consunzione. Nelle terre occupate gli austriaci non avevano più nulla da razziare”. Ed ancora: “Il rifornimento idrico delle trincee fu forse il più grande problema affrontato dagli eserciti nella logistica dei rifornimenti”. Per rifornire le zone del Pasubio, punto importante di difesa, ma dal terreno permeabile e privo di sorgenti, si legge, vennero creati impianti azionati da pompe e da motori a benzina.

La neve, il freddo atroce, le valanghe furono nemici più degli avversari. Ecco alcuni stralci da Freddo: “La straordinaria novità del fronte alpino non fu una scelta strategica ma la conseguenza, fin troppo sottovalutata, di una frontiera spartiacque che correva per centinaia di chilometri sopra i 2000 metri e spesso sopra i tre mila, che obbligò gli eserciti ad adattarsi a condizioni di vita estreme”; “La notte tra il 13 e il 14 dicembre 1916, divenuta tristemente famosa come il venerdì bianco, fu apocalittica su tutta la linea del fronte veneto-trentino. La neve aveva cominciato a cadere a metà settembre e da due settimane le tormente avevano accumulato quantità eccezionali su tutti i pendii. L’improvvisa pioggia ed il vento di scirocco provocarono lo scioglimento della coltre con effetti devastanti. Quel giorno circa diecimila alpini e Kaiserjäger furono soffocati e sepolti da enormi masse di neve. La successiva primavera si ritrovavano ancora corpi di soldati congelati con le dita scarnificate fino all’osso, per il vano tentativo di scavare un varco nelle pareti del luogo in cui erano stati sepolti”.

La sezione Brutalità ci racconta gli effetti devastanti dei gas asfissianti, inizio della moderna guerra chimica, usati per la prima volta dai tedeschi in Belgio e da noi il 29 giugno1916 sul monte San Michele, nel Carso isontino, trovando i nostri soldati del tutto impreparati, facendo di essi strage e creando agonie e sofferenze lancinanti nei sopravvissuti… .

Il processo di disumanizzazione andava completandosi con “il massacro sul posto di coloro che si arrendevano, feriti o no, perpetrato da soldati volontari soprannominati gli spazzini della neve”.

In mostra, nel silenzio dei sotterranei i veri protagonisti diventano allora gli oggetti esposti, restituiti dopo decenni dalla terra, testimonianza di quanto è accaduto, un condensato di sofferenze subite e anche procurate, icone di un dolore universale: scarpe chiodate, frammenti di reticolati, proiettili, fucili, maschere antigas, ed ancora borracce, posate costruite in modo rudimentale, coperchi di scatolette di carne,…Oggetti silenziosi e sacri, come sacro è il sangue versato da tutti i soldati di ogni schieramento.

La fine della mostra è suggellato da sequenze del film “Un long dimanche de fiançailles” di Jean-Pierre Jeunet con il brano musicale “Refugees”, Van der Graaf Generator, una melodia senza tempo dedicata ai drammi che l’umanità continua a sperimentare.

Gli artisti delle stagioni a Castell’Arquato

Un saluto a tutti i presenti all’inaugurazione della mostra “I colori e i profumi delle stagioni nell’Arte Contemporanea – primavera”, ai rappresentanti delle Istituzioni, a Stefano Sichel al pubblico ed agli artisti, last but not least, ultimi ma non per importanza, visto che sono loro con le loro opere i veri protagonisti della manifestazione.

E siamo arrivati a compimento di questo tour de force che è iniziato nell’estate 2016. Eccoci con la primavera e con le nuove opere raccolte nella Galleria del Transvisionismo. Un tripudio di colore, di freschezza e di fascino.

Per gli artisti ho scritto i commenti nonché una breve introduzione al catalogo che rimarrà come ricordo e punto fermo di questa esperienza vissuta da tutti noi.

Abbiamo ammirato l’impegno e la crescita di quattordici artisti,(….), ciascuno fedele alla propria identità creativa, tutti insieme raccolti in coacervo di esperienze e di vissuto.

Ed abbiamo apprezzato e, volutamente sintetizzo in un brevi parole:

il rinnovarsi nell’arte di Celestina Avanzini,

i dettagli approfonditi (scrutati) nelle foto di Camilla Biella,

le sfumature poetiche di colore di Alessandra Bisi,

il mistero e le seduzioni della pittura di Maria Gioia dell’Aglio,

la libertà espressiva di Roberto Fenocchi,

la luminosa matericità dei lavori di Cloe Ferrari,

l’esuberante e giovane pittura di Simone Francesco Fichera (una rock art?),

la provata esperienza di Daniela Gilardoni nell’arte vetraria.

Ed ancora:

le appassionate e forti stesure di colore di Vincenzo Gobbi,

il prezioso e raffinato richiamo agli archetipi di Ezio Pinciroli,

la naturalezza espressiva di Gabriella Pozzi,

le atmosfere di luce nei dipinti di Renata Rychlick,

la pittura superba e sicura della realtà di Savino Sardella,

l’armonia che sprigiona pur nella pluralità di icone nelle tele di Marco Valla.

Marco Valla, happy new year

Ora vorrei solo aggiungere solo una riflessione del tutto personale sul fare arte. Quando Sichel mi ha chiesto di scrivere una introduzione-commento al catalogo, di primo acchito ho iniziato scrivendo del ritmo o ritorno delle stagioni. A posteriori, rileggendo l’introduzione, mi sono accorta che queste due parole, giunte per caso, sono importanti perché ci raccontano quanto le stagioni ci coinvolgono nel loro passaggio e quanto noi siamo attori nel loro ripresentarsi o creatori di progettualità nella loro attesa.

Ancora una volta ho pensato (e questo mio pensiero lo trasmetto agli artisti presenti) come i colori o le parole o le forme o le note vivano nello spazio dell’etere (etere, ovvero aria non nei social), ed hanno bisogno di qualcuno che afferri tutto ciò e traduca con gli strumenti di cui dispone e con la capacità che gli è propria, quanto vogliono raccontarci, un sentimento, un ricordo, bello o infelice, la visione di un paesaggio, un tormento, una sofferenza, una ingiustizia sociale, in ultima analisi la vita che ci circonda. Ecco il compito dell’artista, ecco allora che prendono vita e si concretizzano le opere, come quelle che ora qui appaiono in mostra.

Castell’Arquato, 14 maggio 2017